Ritorno alla Maddalena, 16 anni dopo il G8 annullato, tra ruggine e letame: «Quei copriletto da 4.000 euro nella suite di Obama»

di
Gian Antonio Stella

Il viaggio nelle strutture di lusso progettate nel 2009 per ospitare il G8 e mai utilizzate. Sono divorate dal degrado. Le foto in esclusiva

Sono un cazzotto in faccia, i ruderi del G8 annullato alla Maddalena e costato oltre 629 milioni di euro. I rottami delle vetrate spazzati via da diciassette anni di maestrale. La ruggine che sbrana le colonne delle Arcate dell’Arsenale. I gommoni abbandonati a rinsecchirsi mummificati tra file di bidoni per l’immondizia. I mucchi di cristalli infranti. Le lavatrici mai usate (per gli asciugamani?) del centro congressi. Le banchine per gli yacht di lusso attrezzate con le luci al Led divorate dagli sterpi. Le decine di Smeraldina imbottigliate nel remoto 2009. Le distese di migliaia di metri quadri di pannelli fotovoltaici tostate dal sole senza aver mai potuto fornire un watt. L’oscena carcassa del bellissimo Mascalzone Latino impudicamente buttata sul molo. Gabbiani stecchiti. Muschi. Letame.

Promesse mancate

Una vergogna. Tanto più rispetto alle speranze di chi come l’allora governatore Renato Soru propose per primo nel 2007 il G8 quale «risarcimento ai sardi per secoli di occupazione militare dell’arcipelago» aperto ora a un rilancio turistico.



















































Ma più ancora rispetto alle parole di Silvio Berlusconi che, subentrato a Romano Prodi nell’aprile 2008, non solo ribadì (senza entusiasmi) gli impegni sul rilancio turistico dell’isola, ma sventolò mirabolanti promesse anche dopo la scelta, presa a ridosso del terremoto, di spostare il summit a L’Aquila: «A Maddalena i lavori continueranno e arriveranno al completamento assoluto e totale. Lì sarà realizzato il più importante centro di attrazione del Mediterraneo». E il mese dopo: «Visto che abbiamo scelto di spostare il G8 da questo centro troppo lussuoso in un momento di crisi all’Aquila, mi impegno a portarvi almeno otto manifestazioni del governo entro il primo anno. Per poi aumentare». E i problemi dei fanghi tossici lasciati dai militari? Già risolto: «Alla Maddalena è stata fatta la più grande bonifica mai fatta in Italia in modo che l’isola diverrà un’attrazione turistica all’avanguardia».

Guido Bertolaso, sottosegretario alla Presidenza e deus ex machina alla Maddalena prima di venir lui pure dirottato a L’Aquila, nel febbraio 2010 conferma all’Ansa: «Qui è stata fatta la più grande bonifica di sempre che ha permesso di trasformare un luogo che era una fogna in qualcosa che sarà occasione di vanto per l’isola». Dirà il sindaco Angelo Comiti: «C’ero lì anch’io quando l’escavatore affondò i denti della benna nell’acqua e tirò su una enorme cucchiaiata di fango. Era un concentrato di idrocarburi. L’arsenale era una bomba ecologica. Perché i militari non avevano alcuna sensibilità ecologica. E quando la sensibilità ecologica è arrivata non avevano i soldi. Era una cloaca».

L’inquinamento

Risanata? Mica tanto, nonostante i costi ufficiali di 31 milioni di euro. Lo dicono un reportage di Fabrizio Gatti e Lirio Abbate («Perfino il canale d’ingresso e il bacino dell’Arsenale sono inquinati da sostanze altamente pericolose» tanto che «durante le regate della Vuitton Trophy la Provincia di Olbia-Tempio ha vietato la navigazione alle barche a motore»), lo confermano le denunce del Gruppo d’Intervento Giuridico («Dai 6 ettari contaminati originari siamo passati a 12»), lo ribadiscono le inchieste della magistratura su «bonifiche mai realizzate» e gli interventi degli stessi governatori (prima di destra, poi di sinistra, poi ancora di destra e di sinistra) chiamati via via a «finire» il disinquinamento mai finito. Se non addirittura, è ormai assodato, mai fatto seriamente.

Più ancora, se vogliamo, lo conferma la stizzita richiesta danni per mancato guadagno contro lo Stato e la Regione (richiesta iniziale: 149 milioni) di Emma Marcegaglia, che vinse con la Mita Resort la gara d’appalto per la gestione delle nuove strutture portuali con «una offerta (unica presentata) di 40 milioni di euro e un canone annuo, per i 30 anni di concessione, di soli 60 mila euro», come scrisse La Nuova Sardegna, ma subito si convinse («Per noi è stato un danno», sbottò già nel giugno 2009) che con le acque così inquinate era impossibile farne una calamita «per gli appassionati di tutto il Mediterraneo». E tutto ciò a dispetto dell’offerta, come ricordò Il Giornale dell’Architettura, del «mare cristallino con annesso relax da sogno», delle «rocce di granito levigate dal maestrale» e di un hotel con «camere firmate William Sawaya, arredi griffati Zaha Hadid e Dominique Perrault conditi dal gusto mediterranean chic di Antonio Marras». Dettagli esclusivi ma insufficienti a tener aperto più di due anni un hotel deluxe col bacino «vietato alla balneazione».

La causa, dai e dai, è stata composta alla fine del 2017 con «l’obbligo della Protezione Civile di corrispondere a Mita Resort la somma omnicomprensiva di 21 milioni di euro, la rinuncia dello Stato a qualsiasi rivalsa nei confronti della Regione e viceversa» e la consegna di Marcegaglia delle chiavi de «i beni e le strutture affidati a suo tempo in concessione». Restano aperti però, angoscianti, i temi della bonifica ignorata dal governatore sardo-salviniano Christian Solinas (confermato come commissario da quattro governi incluso l’attuale, ma mai affacciatosi a La Maddalena in cinque anni) e del recupero delle strutture del G8. Il primo, dopo troppi rinvii anche a causa di vari ricorsi, pare essere infine sbloccato. Evviva. Il secondo è tutto da definire. E complicatissimo: chi li mette i soldi per risanare tutto?

L’immenso «relitto»

Dopo sedici interminabili anni di richieste, dinieghi, rinvii, silenzi, la presidente regionale Alessandra Todde e il suo vice Giuseppe Meloni hanno finalmente deciso (grazie) che quelle strutture non potevano più essere nascoste agli occhi dei cittadini. E le hanno aperte al Corriere, che per la prima volta ha potuto così superare le recinzioni blindate con Pierfranco Zanchetta (ex deputato regionale tra i primi a denunciare lo scandalo) e l’architetto Stefano Boeri, il quale dopo una consulenza iniziale si vide affidare dalla Protezione Civile il progetto di recupero dell’arsenale («Ci servivano progettisti italiani d’eccellenza» e operativi, spiegherà Bertolaso) ma fu presto scaricato dalla «cricca» accusata di «rincari del 57%», per vedere la «cittadella proibita». Scoprendo un degrado inaccettabile.
«Complessivamente, per il G8 mai fatto alla Maddalena, le uscite dalla contabilità speciale sono state pari a 476.264.715 euro e 34 centesimi», spiegò ai magistrati nel 2011 Fabio De Santis che con Angelo Balducci fu tra i pochi condannati per quello che i pm definirono «uno dei casi più gravi di corruzione del dopoguerra». Pari a 629.621.953 euro oggi. Più del Nuovo Ospedale Galeazzi dove lavorano e sono curati decine di migliaia di milanesi e lombardi.

Desolazione

Qui è il vuoto. Totale. 
Vuota la Casa del Mare progettata da Boeri che avrebbe dovuto ospitare i grandi del mondo nel bellissimo salone dalle immense vetrate «sospeso» sull’acqua e avvolto da una grata di tessere di vetro via via sbrindellata dalla furia dei venti nel disinteresse assoluto per la manutenzione prescritta. Vuoti gli immensi Padiglioni del Mare che dovevano accogliere le delegazioni di tutto il mondo e gli uffici istituzionali come quelli della Regione. Vuote le Arcate del Mare dai pavimenti sconnessi come se fossero stati presi a martellate.

Vuoto e desolato l’hotel di lusso che incantava gli ospiti con uno spettacolare lampadario alla reception di Zaha Hadid, i mobili coperti da lenzuola, le saune con i bagni di fieno e il grande centro fitness con i tapis roulant e cyclette sotto teli bianchi, le camere con qualche letto mai rifatto, la suite riservata a Barack Obama (con lenzuola di seta e copriletto da 4.270 euro) smantellata ma coi grandi e costosi tappeti su misura di Marras arrotolati in disparte, la piscina che degrada verso il mare asciutta, screpolata e umiliata da un invecchiamento insanabile. E intorno piante di pregio uccise perché nessuno le ha più innaffiate. Vasi crepati. Una vegetazione selvaggia che si ingoia tutto…

La stessa che, qualche centinaio di metri più in là, assedia il vecchio ospedale militare «esteso» nel 2008 per il G8 con la gigantesca prolunga a serpentone di un nuovo hotel con 103 camere. Immense. Vuote. Già sgarrupate. Coi parquet che fanno le bolle e i battiscopa schiodati. Costate ognuna, in media, 958.816 euro di oggi. Camere che non hanno mai visto un portiere, una cameriera, un commesso e men che meno un cliente. Figurarsi un compratore pronto a metterci dei soldi. Ovvio, il mare, senza spiaggia, è al di là della strada principale e trafficatissima dell’isola. Dovevano spostarla ma, spostato il G8 a L’Aquila, non ci hanno pensato più. Nel frattempo però si erano scordati di fare almeno una piscina.

10 luglio 2025 ( modifica il 10 luglio 2025 | 18:42)

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